Aspirare alla libertà dai vincoli, esplorare nuovi spazi aperti, ricercare nuove possibilità di intervento; tutto questo si chiama Land Art. Non è sufficiente, peró, descriverlo come un movimento artistico contemporaneo o come un tentativo degli artisti dell’epoca (anni ‘60-‘70) di liberarsi dell’arte commerciale. Land Art é esposizione alle possibili modifiche imposte dall’ambiente e dai suoi fenomeni (sole, pioggia, neve, vento, …), è un invito all’armonia e all’equilibrio, è rispetto, celebrazione della natura ed esaltazione della sua bellezza, è temporaneità di un’eterna poesia. Il segno che queste opere deperibili lasciano, cioè che restituiscono alla terra tutto ciò che hanno preso in prestito, il messaggio che queste mandano, favorisce la sensibilizzazione del pubblico alla salvaguardia dell’ambiente e tocca ciascuno in modo soggettivo ed indelebile. Il mezzo più potente di cui questa disciplina si serve è la memoria, una memoria involontaria, capace di conservare ogni traccia dell’esperienza e di identificarsi con il labirinto inestinguibile di pensieri e ricordi che questa suscita. La Land Art ci guida in un’interpretazione del luogo nel quale ci troviamo immersi, nel luogo che abitiamo e che ci ospita così come ci ospita il nostro corpo e del quale dobbiamo avere un’attenta cura e una trasparente consapevolezza. Questa esplorazione ci propone di affacciarci a una finestra che incornicia il mare e i suoi mutamenti (“Finestra sul mare” Tano Festa, 1989); di percorrere una passerella a forma di spirale creata con materiale direttamente prelevato dalla collina vicina (“Spiral Jetty” Robert Smithson, 1970) o di immaginarci un bosco attorno a semplici ma metaforici steli metallici (“Al bimbo che non vide crescere il bosco” Mauro Staccioli, 2009). Per formalizzare ogni reazione psicologica conseguente all’interazione col pubblico, poi, ci si può servire della fotografia, come testimonianza che documenti tutto ciò che risulterà dall’azione imprevedibile della natura.
È in questo modo che “l’esterno” interviene nell’esistenza interiore, stimolando la visione di ciò che da sempre ci circonda e ci riguarda: la Land Art non è altro che uno strumento per interrogarci su ciò che è avvenuto, su ciò che avviene e ciò che accadrà e sulla bellezza alla quale si può dare vita semplicemente cambiando prospettiva. È osservando lo spazio che è possibile creare un’”immagine” di noi, ed è quindi come agiamo e la trasformazione, per quanto piccola, che portiamo a renderci ciò che siamo.

(Emma Galanti)

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