
PERSONE è la prima installazione del Progetto Maps con la quale si è inteso sollecitare una riflessione sui nostri comportamenti di consumo legati all’abbigliamento, al loro impatto sull’ambiente e sulle condizioni di vita e di salute di decine di milioni di lavoratori e lavoratrici nelle filiere della moda. Un invito a pensare alle nostre vere necessità. Uno specchio attraverso il quale osservarci, per riflettere su come ciascuno di noi può contribuire a modificare le proprie scelte di consumo per uno sviluppo più sostenibile.
PERSONE
Installazione interattiva sui comportamenti di consumo
Martedì 21 maggio ore 12.00 – 15.00 Piazza del Polo Multifunzionale di Psicologia
A cura di Anna Piratti in collaborazione con le studentesse e gli studenti dell’Università di Padova nell’ambito del progetto MAPS – Itinerari Artistici per Comprendere il Futuro
588 abiti riciclati / 30 sacchi di tessuto riciclato / nastro adesivo
L’installazione si compone di centinaia di abiti raccolti dalle studentesse e dagli studenti dell’Università di Padova, che stanno prendendo parte al progetto MAPS. Molte persone, tra familiari, amici, conoscenti, rappresentanti delle istituzioni pubbliche e della società civile sono state invitate da loro ad aprire gli armadi ed a separarsi dagli indumenti inutilizzati.
La ricerca ha sollecitato, nel suo processo di realizzazione e approfondimento, una riflessione sui comportamenti di consumo e qui, in forma artistica, concorre a promuovere tra le persone coinvolte nuove convinzioni, atteggiamenti e stili di vita.
Ogni indumento donato è stato provvisto di un’etichetta rossa che ne racconta la storia.
L’installazione è interattiva e va agita da coloro che guardano.
Sei invitata/o ad attraversare l’installazione, prendere in mano gli indumenti, leggere le etichette e se lo reputi necessario, raccogliere l’invito in esse contenuto…
L’evento si inserisce nel Festival Ambiente e Cultura / Festival dello Sviluppo Sostenibile
PERSONE: LA PRIMA INSTALLAZIONE
21 Maggio 2019: la prima “tappa” del progetto MAPS, l’installazione artistica al Polo Multifunzionale di Psicologia dell’Università di Padova per sensibilizzare sul tema del consumo, non ha attirato l’attenzione solo di coloro che hanno voluto interagire con l’opera, ma anche quella di noi studenti, noi che abbiamo lavorato in questi mesi per poterla realizzare. Abbiamo partecipato non solo con il lavoro dei mesi precedenti, ma anche creandola al momento e in prima persona e spiegandola alle persone che si trovavano a passare.
L’impatto visivo finale è stata la prima cosa che ha stupito persino noi: 588 abiti raccolti, 49 all’interno di ogni quadrato della piazza tutti disposti in fila fino a riempirne 12, per sensibilizzare sul tema del consumo nell’industria tessile. Per ogni abito spiccava un’etichetta rossa con su scritta la “storia” raccontata da quel capo: una giacca indossata per il primo colloquio di lavoro, una camicia in armadio da vent’anni o dei pantaloni comprati da appena due mesi.
Ogni abito aveva una storia che andava oltre e tutti i partecipanti avrebbero potuto far “rivivere” gli stessi abiti un’altra volta, prendendoli se ne avessero avuto bisogno. Anche la partecipazione dei passanti, ma soprattutto degli studenti dell’università, è stata fondamentale per il risultato finale dell’installazione.
Molti si sono avvicinati perché passando sono rimasti incuriositi dalla vista insolita dei vestiti in piazza, altri invece si sono accorti dell’installazione dall’alto, dalle aule di psicologia e sono scesi a vedere. Con alcuni studenti c’è stata anche la possibilità di scambiare delle opinioni e delle idee sul tema della sostenibilità ambientale, sul consumo e sulla produzione critici e credo che questa sia stata la chiave, in fondo, di tutta l’installazione: cercare di avvicinare più persone possibili, in primis i giovani, ai temi ambientali, ma riuscire soprattutto ad avere delle discussioni, delle visioni e un confronto a riguardo.
Elisa Dal Corso
“L’ATTEGGIAMENTO È UNA PICCOLA COSA CHE FA LA DIFFERENZA”
(Amy Tan, scrittrice statunitense)
Data la gravità della situazione più che di cambiamento climatico è necessario parlare di crisi climatica globale, così come asseriscono gli scienziati. Non mi è ancora chiaro però da cosa derivi la volontà da parte di un numero consistente della popolazione mondiale di ignorare l’urgenza e drammaticità di quello che sta succedendo al nostro pianeta e che ha conseguenze dirette sulle nostre vite. Oserei parlare di indifferenza “nociva”, il non prendere una posizione hic et nunc, attivandosi per placare, o almeno rallentare, questa crisi, porterà in tempi più ridotti a danni irreversibili.
Durante i mesi che ho dedicato al progetto MAPS ho riflettuto più volte su quanto ci sia una mancanza di consapevolezza rispetto alle realtà che ci circondano ma che spesso tendiamo a non approfondire perché a migliaia di chilometri di distanza. Ma questa distanza non può essere una giustificazione valida per rimanere impassibili, e a mettere fine alla mia di impassibilità ha fortemente contribuito questo progetto in quanto ha rappresentato per me fonte di conoscenza. Credo di non essermi mai posta sufficienti domande rispetto al grande tema del consumo, trattato dalla prima installazione di MAPS. Non immaginavo neanche lontanamente cosa si celasse dietro alle seguenti due parole: industria tessile e ancora meno mi rendevo conto di quanto io, consumatrice, attraverso il mio comportamento, stessi alimentando quella catena di sfruttamento e inquinamento che è ormai intrinseco al mondo della moda e a cui, in tempi recenti, è stato dato il nome di “fast fashion”. La criticità di questa “moda veloce” sta nel devastante impatto sociale e ambientale che essa ha, come potrebbe, d’altronde, la produzione continua di collezioni sempre diverse ed estremamente economiche non averne? Quello che auspico per il futuro è una presa di coscienza generale, una volontà maggiore di approfondire i temi del consumo e della produzione sostenibile ed è fondamentale che a modificare il proprio atteggiamento sia il maggior numero possibile di individui. Personalmente ritengo che a bloccarci dal dar inizio a un cambiamento sia la convinzione che il nostro contributo non possa fare veramente la differenza, bene è arrivato il momento di abbandonare tale idea e almeno provare a migliorare le nostre abitudini e, se all’inizio sarà dura, bisognerà lavorare di resistenza e costanza e i benefici non tarderanno ad arrivare.
Giorgia Capiotto