PACE, la terza installazione interattiva, ha affrontato i temi della convivenza pacifica e dello sviluppo di società inclusive per promuovere e stimolare una riflessione sull’importanza delle dinamiche relazionali e dei rapporti interpersonali, come fondamenti di un tessuto sociale ispirato ai valori della PACE. È questo un tema che ci riguarda tutti da vicino, che riguarda la qualità delle nostre relazioni umane e sociali e la qualità delle nostre azioni.

PACE

Installazione – performance sulla convivenza pacifica e lo sviluppo di società inclusive

Mercoledì 18 dicembre 2019 – ore 12.00 – 15.00
Complesso Beato Pellegrino – Università di Padova
Via Beato Pellegrino 1, Padova

A cura delle studentesse e degli studenti dell’Università di Padova nell’ambito del progetto MAPS – Itinerari Artistici per Comprendere il Futuro

15 felpe bianche, 15 palloncini, 15 pennarelli da tessuto multicolore, 300 buone notizie

L’installazione – performance prende forma attraverso la presenza dei partecipanti al progetto MAPS, riconoscibili perché recano con sé un palloncino e hanno una felpa bianca. Sono installati nello spazio inizialmente immobili. Poco a poco cominciano ad andare incontro agli studenti che transitano nel complesso, approcciandoli con una richiesta:

vuoi lasciare un segno di PACE?
Disegna sulla mia felpa con questo pennarello quel che significa per te la PACE:
una parola, un simbolo, una semplice traccia… sii creativo!
Perché PACE è andare incontro all’altro con quello che si è,
e io sono qui, e tu sei qui.
Per dirti grazie ti lascio una buona notizia, che ho raccolto e scritto io stess*

Durante il suo processo di ideazione e approfondimento, l’installazione-performance ha fatto emergere alcune riflessioni su come non sia così semplice affrontare il tema della PACE, sia con le parole, sia con le azioni. È parso chiaro inoltre come sia un tema che ci riguarda tutti da vicino, che riguarda la qualità delle nostre relazioni umane e sociali e la qualità delle nostre azioni. Qui, in forma artistica, si cerca di promuovere un’azione di pace, simbolica e semplice: venirsi incontro, parlarsi, stabilire una connessione, anche solo per un istante… Quale punto di partenza per qualsiasi processo che porti alla PACE.

Racconto di PACE
di Veronica Calabresi

Partecipare all’installazione dedicata all’Obiettivo 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) ha rappresentato per me un’occasione di crescita: oltre a consentirmi di socializzare e avere un confronto costruttivo con i/le/* miei/mie/* amici/amiche/* circa tale tema, mi ha incoraggiata a informarmi meglio e in maniera più dettagliata sui 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite.
L’obiettivo 16 pone come condizione necessaria per la realizzazione di uno sviluppo sostenibile, la promozione di società pacifiche e inclusive, indirizzando verso l’accesso universale alla giustizia e la costruzione di istituzioni efficienti e responsabili ad ogni livello. Ciò implica, ad esempio, la promozione di leggi non discriminatorie, la lotta alla corruzione e agli abusi di potere, l’eliminazione di ogni forma di sfruttamento e violenza nei confronti di tutti gli individui (in particolar modo dei bambini) e la garanzia a un libero accesso alle informazioni, proteggendo le libertà fondamentali degli individui.
Per trasmettere (e ricevere) messaggi di pace e incentivare una riflessione abbiamo selezionato alcune notizie di pace e solidarietà dal mondo che ci hanno particolarmente colpito, come le donne che a Kabul (in cui solo 3 mila di esse hanno la patente) guidano i “pink shuttle” per altre donne; oppure a Milano la possibilità di donare un panettone per Natale; o ancora la firma dell’accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea dopo un conflitto di due anni che ha fatto 80 mila morti.
Queste notizie, seppur non siano sufficienti a compensare le tragedie e ingiustizie che avvengono ancora nel mondo, sono una luce di speranza: dimostrano che la pace è possibile, ma è un processo graduale che ha bisogno del contributo di tutt*. Numerose sono le vicende di difensor* dei diritti umani che, con il loro impegno e attivismo e purtroppo, talvolta, pagando con la vita, hanno contribuito alla costruzione di una società più equa e giusta in molti Paesi. C’è ancora molta strada da fare, ma sono fiduciosa.
Un altro aspetto positivo che mi ha molto colpito dell’installazione è stato il contatto umano: abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con altr* coetane* facendo scrivere loro dei messaggi di pace sulle felpe bianche da noi indossate. Oltre a sentire la giovialità di tutte le persone con cui ho parlato, mi è piaciuto notare le differenze tra le idee delle persone: c’è stato chi si è limitat* a tradurre la parola “pace” in altre lingue, chi ha ricondotto il concetto ai diritti della comunità LGBTQIA+, chi al diritto di vivere liber* dalla violenza e dalla guerra citando versi di canzoni o poesie, altr* ancora l’hanno collegato alla metafora del fiore che sboccia o in generale alla vita che nasce. Tutt* divers*, eppure tutt* uguali.

Racconto di PACE
di Riccardo Malavasi

“Pace” è stata la seconda installazione a cui ho partecipato all’interno del progetto MAPS. Il processo decisionale riguardante tale installazione è stato meno travagliato rispetto al precedente. L’obiettivo è stato fin da subito quello di creare un’istallazione che richiamasse le arti performative. Abbiamo pertanto dovuto creato un momento di condivisione basato sulla performance. Trovare un’idea comune non è stato facile, ognuno aveva la propria visione del concetto di pace. Ho trovato molto utile conoscere cosa significhi la parola pace per altre persone in quanto, il più delle volte, la parola pace è utilizzata in riferimento e in contrapposizione al concetto di guerra. In realtà, discutendo tra noi organizzatori, ho potuto constatare quanto la ricerca e la promozione della pace avvenga regolarmente, ogni giorno, in moltissime situazioni.
Questo ci ha fatto comprendere come, anche in questo caso, non fosse necessario un “gesto eclatante”, ma bastasse la semplicità. Abbiamo quindi deciso di indossare una felpa bianca, di dotarci di pennarelli colorati e di fermare gli studenti chiedendo loro di lasciare un simbolo di pace sulle nostre felpe.
Sono stati moltissimi gli studenti entusiasti di partecipare all’iniziativa proposta: chi una scritta, chi un disegno, chi una frase e chi solo un segno distintivo. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla propositività e dalla rete di messaggi positivi che ha trasmesso la nostra installazione.
Partecipare a questo progetto mi ha fatto riflettere su quanto sia “facile” a volte portare pace, o semplicemente trasmettere cordialità e vicinanza, tra le persone. Ho inoltre compreso, ancora una volta, quanto sia sbagliato temere o etichettare chi non conosciamo semplicemente sulla base di ciò che percepiamo visivamente, rendendoci sempre più vittime e carnefici di stereotipi e pregiudizi.
Questa installazione è stata sicuramente più comunicativa ed espressiva rispetto alla precedente, in quanto, utilizzando i nostri corpi e le nostre parole, abbiamo veicolato senza ulteriori mediazioni il messaggio di pace che ci eravamo proposti di diffondere.

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